domenica 2 aprile 2017

2 aprile e 2 luoghi comuni su cui ho da ridire.

2 aprile, giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo.
Leggendo i tanti articoli che compaiono in web sul tema, mi imbatto, tra gli altri, in due luoghi comuni su cui vorrei esprimere alcune considerazioni. Sono infatti ancora molti coloro i quali affermano che l’autismo rappresenta una malattia di cui si sa ancora poco, e ci si lamenta altresì della scarsa sensibilità delle pubbliche amministrazioni nei confronti della necessità di assistenza verso gli autistici e le loro famiglie.
Ed ecco allora che cosa penso al riguardo:
Non è (più) vero che sull’autismo si sa ancora poco. Sono state segnalate tante nuove possibili cause di questa malattia e del suo incremento esponenziale, ma evidentemente si tratta di verità scomode, che ledono interessi mondiali di multinazionali, interessi di medici che ricavano forti guadagni in conseguenza di certe linee di condotta che fruttano molto a loro, ma non ai bambini; si tratta di verità riguardanti iniziative prese prima e durante la gravidanza, lesive per il prodotto del concepimento, ma la cui pericolosità viene negata da chi le propone, e non accettata da chi le subisce. Dunque, se da una parte è vero che dell’autismo non si sa ancora tutto, è altrettanto vero però che ogni volta che qualcuno segnala una possibile-probabile causa, lo si mette sbrigativamente (o interessatamente) alla gogna, gogna oggi mediatica, e dunque ancora più efficace per chi vuole zittire, infangare, censurare.
Lo stesso vale per le iniziative terapeutiche. Ce ne sono alcune che ormai da tempo si sono dimostrate efficaci (risultati documentati alla mano) ma vengono spesso respinte, derise, negate, sia perché proposte da altri e non da chi vorrebbe essere l’unico a decidere, sia perché contrastanti gli interessi di altre lobbies della terapia che si autodefiniscono uniche scientificamente validate, sia perché tante volte sono le stesse famiglie di autistici a non voler seguire indicazioni scomode sia pure efficaci, ma disturbanti gli equilibri domestici.
E veniamo alle consuete lamentele sulla carenza delle istituzioni e della sanità pubblica. Chiarisco subito che non voglio giustificare le manchevolezze delle amministrazioni e dei politici, ma a chi ha il grave onere di ritrovarsi un figlio autistico, farei notare che -come nella maggior parte degli eventi della vita- bisogna innanzitutto saper badare a se stessi, senza stare sempre ad aspettare che siano gli altri a risolverci i problemi. Con questo, ripeto, non assolvo le carenze del pubblico, ma esorterei a mettere al bando il vittimismo, e a rimboccarsi le maniche in prima persona, imparando anche (perché no?, pure leggendo quanto ho scritto sopra) a distinguere ciò che può aiutare da ciò che danneggia, a distinguere l’alleato anche se scomodo e irritante, dal nemico lupo vestito da agnello.
Ma tutto questo non viene dalle istituzioni, non viene dai legislatori, non viene dagli autoreferentisi “scientificamente validati”. Viene dalla capacità di ogni singolo uomo, padre, madre, cittadino, di capire a chi credere e a chi no.

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